Internet e il lavoro nero

E arrivano i dolori: perchè i diritti piacciono a tutti, ma i doveri un po’ meno… Ma siccome in questo ‘viaggio’ si è parlato non solo di diritti, ma anche di doveri, ecco una questione spinosa che va affrontata subito: Internet e il lavoro nero.

Siamo tutti pronti a condannare il lavoro nero perpetrato dalle aziende, ma poi ci comportiamo correttamente quando siamo responsabili di noi stessi?
Siamo disposti a pagare le tasse, mettendoci da subito in regola, ancora prima di guadagnare qualcosa? Vogliamo davvero regolamentare i blog, e quindi darci anche dei doveri?

Quello che vedo: tanta leggerezza. Io sono una fifona patentata, e la sola idea di evadere le tasse mi mette l’ansia: è da ricovero.
Ancora prima di iniziare il mio lavoro, io ho aperto la P IVA. Ho usato un regime fiscale agevolato, il Regime dei Minimi, che mi ha permesso di avviare la mia attività senza grandi spese, e con un investimento davvero molto contenuto. Prima di questo, avevo lavorato con ritenuta d’acconto, quando ero incinta e lavoravo poco e saltuariamente.

Quante soluzioni ci sono? A seconda della complessità e della durata del rapporto di lavoro, io conosco:
– Collaborazione occasionale con ritenuta di acconto: massimo 5000eur per ogni anno solare, se non sussiste continuità nel lavoro svolto;
– Regime dei minimi (e anche Regime delle nuove imprese produttive): massimo 30milaeur l’anno per restare dentro questo sistema agevolato, oppure massimo 45milaeur l’anno per passare l’anno successivo alla P IVA ordinaria. Le tasse vengono pagate in base a quanto fatturato, senza un fisso;
– P IVA o Impresa Artigiana: nessun limite di fatturazione, prevede alcune spese fisse;
– Contratto a Progetto: possibile quando è un’azienda o un portale a darvi lavoro;
– Pagamento dei Diritti d’Autore, quando avete un rapporto in essere con un Editore. In questo caso si parla di ‘altri redditi’ da inserire a fine anno nella dichiarazione dei redditi.

Il fatto è che Internet non è al di fuori delle Leggi: tutto va fatturato. Vanno fatturati gli articoli sponsorizzati, vanno fatturate le pubblicità, vanno fatturati gli oggetti che mettete in vendita, vanno fatturati gli ebook venduti, va fatturato Google Adsense!
Ci sono alcuni adempimenti fiscali se emettete fatture estere, all’interno della Comunità Europea: bisogna iscriversi all’Agenzia delle Entrate e compilare il Modulo Intrastat. Bisogna esporre il numero di P IVA sul proprio sito (in Italia). Bisogna insomma avere un commercialista o farsi seguire da un CAF, e stare bene attenti a ciò che si rischia.

Perchè siamo disposti a tollerare il lavoro nero su Internet, mentre nella vita reale lo condanniamo?
Perchè esiste una sorta di blocco psicologico nell’aprire la P IVA o nell’investire alcune centinaia di euro l’anno per avviare la propria attività?

Quando apriamo un negozio, non possiamo dire allo Stato: adesso vedo come va, e poi, se il negozio funziona, allora mi metto in regola. La prassi consolidata è che PRIMA ci si mette in regola, e poi si può aprire il negozio.
Non dovrebbe essere così anche su Internet?

47 commenti su “Internet e il lavoro nero”

  1. Ciao Barbara, la penso esattamente come te e stavo proprio per chiederti questo: bisogna aprire una partita IVA per “lanciarsi”? Ci hai fornito alternative (regime dei minimi, contratto a progetto, ritenuta d’acconto…), grazie. Valuterò tutto. Penso comunque di non poter fare a meno di un esperto, di un commercialista… imbranata come sono… 😉

  2. Grazie Barbara.Dietro tuo consiglio sulla P.I. (ricordi?) me ne sono interessata dalla commercialista.Mi ha dato una infarinatura sul regime dei minimi. Ma sugli adempimenti da tenere per il telelavoro non ne sa una cippalippa.
    E’ per questo che l’altro giorno ti dicevo che manca una professionista che ne sappia veramente qualcosa di questi “nuovi lavori” su internet.

  3. Grazie Barbara!
    Da quando ho inserito gli annunci AdSense nel blog me lo chiedevo.
    Cosa mi consigli?
    La ritenuta d’acconto la posso fare anche se non lavoro per nessuno?

  4. Io non ho ancora inserito Adsense, proprio perché mi chiedevo come gestire gli eventuali guadagni. Quindi è necessario avere P.IVa e fatturare? ma i guadagni ad sense, si intendono già comprensivi di iva? Ho letto sui vari forum che questo punto è un po’ controverso, sicuramente tu ne sai di più.
    Per quanto riguarda il nero: me l’hanno proposto (in altri campi, non sul blog). Non accetto. Non è giusto. E’ proprio una questione di principio. Oltre ad essere illegale, il lavoro nero sminuisce la professionalità.

  5. io credo perchè su internet non ci sono spese strutturali e si ha la possibilità “prima” di vedere se funziona e poi di aprire la partita IVA, non voglio dire che sia giusto, si potrebbe avere anche una sola collaborazione e poi più niente, io ho avuto un negozio, credo sia impensabile avere in uan struttura fisica un solo cliente, su inetrnet può succedere, potresti avere 100 visite oggi e mai più domani, perchè contemporaneamente ogni giorno nascono nuovi siti, portali e blog , per le strutture questo non è possibile.

  6. Stasera c’ho lo scoraggiamento facile…
    Cmq io di base la PIVA sono dell’idea di aprirla… proprio perché, per me, qualsiasi possibilità di guadadno (adsense, banner, collaborazioni, post sponsorizzati) possa venire “dalla rete”, deve svilupparsi alla luce del sole…

  7. brabara ti capisco benissimo quando dici che la sola idea di evadere le tasse ti mette ansia! per me è lo stesso ;-))))
    e ne sono contenta! non è nella mia natura non fare le cose secondo le regole, me l’hanno insegnato i miei genitori, commercianti da una vita. vi sfido a trovare un cliente che anche solo una volta non abbia ricevuto lo scontrino da loro, checchè se ne dicano dei commercianti! (sì, lo so che molti -commercianti e non- fanno in tutt’altro modo. ma fare di un erba un fascio è sbagliato!)
    comunque, divagazioni a parte, io sono titolare di partita iva da circa tre anni. faccio consulenze soprattutto ad enti locali/scuole/onlus quindi non fatturare non sarebbe nemmeno pensabile!
    ho pensato sia a vendere le mie creazioni, sia a far diventare il blog qualcosa di più di un hobby ma fino ad ora non ho concretizzato nulla perchè avendo già partita iva per tutt’altra attività non so come si “incastrano” le cose…
    siceramente mi sono limitata a cercare qualche informazione su internet, nulla di serio. tra un mese esatto però scade il mio contratto, e dopo la prospettiva è davvero grigia… quindi è il momento giusto per informarsi e prepararsi! ;-)))

  8. aprire la partita iva comporta il pagamento di oneri fissi che possono ammontare a parecchie migliaia di euro l’anno, in particolare per quanto riguarda i contributi previdenziali che ti devi pagare da sola una volta aperta l’iva. Questi sono indipendenti dal fatturato, quindi anche se incassi 100euro in un anno, all’Agenzia delle entrate non gliene importa una semplice, devi comunque versare i tuoi n-mila euro di previdenza.
    Per questo spesso so che si ricorre alla notula con ritenuta d’acconto, anche perchè gli incassi che possono derivare da un articolo scritto per una testata piuttosto che la vendita di un banner per un blog che non fa i numeri di Wonder o di Barbara sta ben sotto i 5000euro/anno. C’è però chi contesta la faccenda, sollevando il problema della “continuità”: si può affermare, cioè, che la vendita di uno spazio pubblicitario su un sito internet – che sta online 24/7 – non sia una attività continuativa? io non so rispondere. La domanda me l’ha posta questo video di Civile.it (un po’ vecchiotto, ma sempre valido a livello normativo – credo): http://www.youtube.com/watch?v=mSB4Sr7v1fw

  9. Lo dico?
    Lo dico! Sono semi orfana di commercialista… nel senso che a mali estremi tengo il mio (speriamo non capiti mai da ste parti 😀 ), ma mi piacerebbe tanto trovarne uno a “prova mia”, ovvero “di stupido”… se aveste segnalazioni da fare su Roma ve ne sarei infinitamente grata… 🙂

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