Una delle grosse polemiche dell’anno scorso, quella che forse ha dato il via al dibattito meta-bloggesco, riguardava la partecipazione gratuita a focus group, lavori collettivi, forum, ecc…
Da una parte i puristi: mai offrire il proprio tempo gratis per un’azienda.
Dall’altra parte i possibilisti: se posso dare la mia opinione su un prodotto, perchè l’azienda lo migliori, mi presto volentieri.
In questo campo sono nate delle eccellenze, che hanno creato degli ‘osservatori’ e delle piattaforme di dialogo con gli utenti. Lo scopo è diventato: azienda e persone vengono messe in contatto tra loro; le persone espongono le loro critiche o i loro consigli; l’azienda innesca un processo di miglioramento per seguire le indicazioni date.
Questo cosa presuppone?
– la disponibilità dell’azienda a cambiare;
– la disponibilità del blogger nel dare consigli;
– la presenza di un ‘mediatore’ che guidi il dibattito in modo costruttivo.
Voi cosa pensate di questo argomento?
Siete puriste o possibiliste? Pensate che ci debbano essere dei limiti o delle garanzie per chi collabora gratuitamente? Pensate che l’opinione della persone, in caso di retribuzione, potrebbe essere sfalsata?
Pensate che possa essere utile partecipare a progetti collettivi su un particolare prodotto, sia testandolo che parlandone?
Io nel frattempo invito i veri esperti a parlarne, così ci facciamo anche raccontare di cosa si tratta, e quali sono gli obiettivi.
io ho partecipato a una iniziativa (non me ne pento affatto, è stato sia utile che divertente), quindi è ovvio che sono possibilista 😉
c’è anche da dire che quando ho partecipato ero abbastanza inconsapevole, dal momento che avevo appena aperto il blog.
secondo me comunque il problema NON è affatto il “lavoro” gratuito, il problema è semmai il gap di trasparenza che la partecipazione a un progetto di un’azienda può comportare. il lettore si può chiedere: mi sta parlando la blogger o mi sta parlando l’azienda?
io sinceramente, nel mio caso, non mi sono mai vista porre vincoli o obblighi di nessun tipo, e credo che la maggior parte delle aziende che decidono di tentare la strada del web sappiano che i blogger non amano i vincoli alla propria libertà d’espressione.
il problema del lavoro gratuito trovo che sia fuorviante rispetto alla questione. un conto è scrivere a livello professionale (tipo sul blog di un’azienda) a titolo gratuito: è vero che si può rovinare la piazza a chi scrive per professione. un altro conto è partecipare a un focus group o aderire a un’iniziativa senza obblighi specifici nei confronti dell’azienda. sennò anche chi compila il sondaggio che trova nelle merendine sarebbe un crumiro!
A me l’idea di fare conversazione con le aziende piace moltissimo: forse sono un’inguaribile ottimista, ma io credo davvero che le aziende, quando si mettono in gioco, desiderino cambiare per avvicinarsi alle persone. Del resto persone contente = clienti contenti, e in questo non ci vedo nulla di male. A me piace un’idea di marketing basata sulle richieste del cliente, e non imposta dall’alto: significa che se posso dire la mia sugli assorbenti con le ali, magari un giorno potrò usare degli assorbenti come piacciono a me (per dire…).
Credo che il miglioramento stia nel recruitment: le agenzie dovrebbero forse sparare un po’ meno nel mucchio, e cercare tester/opinionisti mirati, e non mandare email a raffica per vedere chi risponde. La sfida con i blogger secondo me è questa.
Segnalo un’iniziativa davvero interessante di Genitori Channel, che sta sfidando le leggende metropolitane andando a intervistare direttamente Nestlè.
Mi piace perchè sono proprio STUFA di boicottaggi fatti per partito preso, quando comunque anche queste aziende dimostrano che vogliono imparare dai loro ‘errori’ e stanno cercando dei modi autentici per relazionarsi con le persone. Se però noi impediamo alle aziende di mgiliorarsi, per essere coerenti con un nostro pregiudizio, facciamo un torto principalmente a noi!
ti dirò di più! a mio avviso il sistema economico fa schifo, però ci vivo dentro e non ne sono solo la vittima: ne sono anche l’artefice! ogni scelta al supermercato è una scelta politica: se dico sì all’equo e solidale, dico no al km zero; se dico sì al km zero magari dico no ai diritti dei lavoratori perchè il contadino dietro casa fa lavorare in nero un extracomunitario. dire “annò, io la nestlè no” è un modo molto facile per pulirsi la coscienza, e continuare a usufruire dei prodotti di tutte le imprese che rendono il sistema così iniquo. provare a rendere il sistema un po’ migliore (per me e per gli altri), forse è ingenuo, ma è una forma di consapevolezza molto più fattiva di un boicottaggio random. d’accordo che la maggior parte dei prodotti sul mercato non ha una grande utilità, ma la storia che dici tu dell’assorbente magari contribuisce a migliorare l’igiene delle persone.
va bene barbara, ora fermami, ho spaventato le tue lettrici 🙂
ahhaa no, anzi, stai dicendo delle cose interessantissime, ti ringrazio!
Eccomi, questa volta in veste di professionista del settore.
La storia è questa: ho desiderato mettere le mie competenze di marketing dopo 15 anni di lavoro e dirigenza nelle multinazionali, al servizio delle intelligenze che ho conosciuto nel web quando sono diventata blogger anch’io. Ho conosciuto Giuliana, che era blogger da molto prima di me, che ha competenze di ricerca e di web, e ci siamo dette più o meno:
“i brand le agenzie dovrebbero forse sparare un po’ meno nel mucchio, e cercare tester/opinionisti mirati, e non mandare email a raffica per vedere chi risponde.”
abbiamo invitato un po’ di signore blogger a parlarne con noi, era il marzo del 2009. Ne è uscito un manifesto e un codice di condotta, alcuni primi progettini e ora un’attività vera e propria – trovate tutto su Thetalkingvillage.it – che si propone di valorizzare i contributi dal basso delle coimmunity di consumatori e non di calare dal’altro, a pioggia, delle iniziative di marketing.
Molto indicativo che da un nostro progetto con Nestlè (saicomemeloimmagino.it) siano nate
infinite diatribe, fino a litigi e rotture personali perchè “sfruttiamo a gratis la gente”
l’intervista di Genitori Channel, lodevole iniziativa di dialogo seguita alla diffusione di un nostro video, quello di Guglielmo che parla di web col papà, che ha generato reazioni del tipo “che schifo, ma questa e Nestlè” vs altre “beh, però il contenuto è di ottimo valore”. Peccato solo che Genitori Channel non abbia incluso nel suo vocabolario la parola credits, ma è un trascurabile dettaglio, quello che conta è aver iniziato delle conversazioni. E noi di TTV siamo appunto iniziatori e mediatori di tali conversazioni, che poi prendono la direzione che vogliono.
Non sono qui per persuadere nessuno ma per incoraggiare ognuno a farsi la propria idea senza preconcetti, e i preconcetti sono in genere quelli ideologici e politici contro le aziende. Su questo non posso commentare perchè appunto ognuno ha la sua testa.
Sulle tecniche progettuali però sì, perchè ne ho fatto un lavoro serio e non mi va che venga giudicato un lavoro senza prima capire bene come funziona. Però lo spazio di un commento è troppo poco, e credo Barbara che dovrò mandarti un guest post!!!! che ne dici?
Assolutamente d’accordo sul guestpost!!
Io sono decisamente possibilista, il dialogo mi piace sempre, ancor più con le aziende, magari ce ne fossero tante che decidono di fare queste cose…
Ciao, mi dispiace intervenire pochino qui su Mommit (che trovo utilissimo), ma spesso non trovo il tempo di partecipare come vorrei. Io penso che le aziende non siano da condannare sempre a priori, come spesso vedo fare sui blog in modo esagerato. Il dialogo con i consumatori è importante e le aziende che si mettono in gioco sono da apprezzare. Poi chiaramente dipende da azienda a azienda e credo semplicemente che un blogger sensato abbia la sensibilità per capire e valutare la proposta dell’azienda. Sulla retribuzione: per la partecipazione ad un focus group non vedo problemi nell’essere retribuiti (in genere i f.g. sono sempre retribuiti) perché si presta il proprio (prezioso e poco) tempo, si offre la propria opinione all’azienda, che generalmente è pronta ad accogliere osservazioni anche critiche…altrimenti non farebbe il focus group. Insomma, in sintesi: parlare con le aziende è positivo, senza cadere in strane trappole! ciao!
Ciao secondo me la questione non è puristi o possibilisti, lavoro pagato o lavoro gratis. O meglio, queste sono questioni e scelte personali: ognuno fa le sue considerazioni e di conseguenza le sue scelte.
Secondo me ci sono i punti da tener presente per l’autoregolamentazione sono:
1) da parte nostra il DOVERE di impegnarsi a garantire trasparenza, con tag appositi o (ancora meglio) un breve introduzione al post, del tipo “ho partecipato ad un incontro della ditta pincopallino che voleva il parere e i consigli delle mamme sul suo nuovo passeggino…”
2) alle aziende chiedere rispetto e onestà per il nostro lavoro: ad esempio esplicitando che la partecipazione a queste attività non implica nessun obbligo per la blogger in termini di contenuto dei post che ne seguiranno (praticamente come per le sponsorizzazini e le collaborazioni l’azienda accetta che se ne parli bene, male o affatto)
quoto.
quoto anche io!!!!
Sono d’accordo con Linda…Ba i temi che affronti qui sono sempre molto interessanti mi dispiace di avere sempre poco tempo e di non poter approfondire di più.
io sono d’accordo con la linea di linda. la chiarezza è d’obbligo per i lettori del blog; non so se mi dovesse mai capitare, ma io fremo per la partecipazione a fg perchè sono una utopista e credo nella collaborazione tra produttore e fruitore del prodotto.
io sono possibilista….
ciao, discussione quasi conclusa… Vabbè dico la mia: io sono possibilista: mi è capitato di offrire del tempo gratis, all’inizio, e di aver poi raccolto piccole collaborazioni. Però alcune aziende hanno una sfacciataggine assurda, ti prendono per una vetrinetta in piazza, e questo non mi piace, è poco rispettoso. Quindi ci vuole il giusto equilibrio da una parte e dall’altra. Poi se le aziende sono disponibili a conversare con i consumatori, con i blogger etc, credo sia fantastico. A volte i pregiudizi possono essere molto forti e fondati , ma – come già detto – se le aziende si prestano a rispondere a domande e accettano critiche credo che siano sulla buona strada
Interessante discussione… Oggi sono qui come FattoreMamma, la mia società che cerca appunto di mettere in comunicazione tra loro mamme e aziende, aziende e mamme. In modo che il dialogo sia interessante e utile per tutti.
In generale io credo che ogni caso sia un caso a sé stante. Cioè ci può essere il caso dell’azienda che chiama la blogger e chiede un post in cambio di un prodotto. E la blogger può accettare o meno… Magari se il prodotto le interessa accetta. Se invece non le interessa, non accetta. La cosa davvero importante, come è già stato detto anche tra i commenti a questo post, è la trasparenza verso i propri utenti. Ma questo io credo che lo sappia ogni blogger che ci tiene al proprio blog! La cosa più preziosa sono i tuoi lettori, se li deludi, è finita!
Altra cosa importante è il rispetto. E questo talvolta, purtroppo manca. Si possono avere idee diverse, diverse visioni delle cose… Si possono esprimere sempre le proprie idee, l’importante è farlo in modo rispettoso e non offensivo.
Detto ciò, io sono per la libertà di ognuno di fare o non fare le cose, seguendo le proprie idee, le proprie convinzioni e, lasciatemelo dire, anche i propri interessi. Sempre però, nel rispetto degli altri.
Come FattoreMamma, abbiamo diversi progetti in corso con aziende a cui cerchiamo di far capire quanto è importante parlare alle mamme, condividere con loro idee e sopratutto ascoltarle. In certi casi le mamme che partecipano lo fanno perché sono legate al prodotto o hanno un’affinità particolare con quel marchio o semplicemente perché sono curiose di incontrare una certa azienda. In altri casi lo fanno perché ne hanno un ritorno, non necessariamente monetario, ma comunque, a loro giudizio, interessante.
Nel corso della nostra esperienza di queste occasioni di incontro abbiamo avuto modo di constatare come – se ben impostate – queste possano essere interessanti e appaganti sia per l’azienda che per le mamme. Come per molte cose nella vita l’esito dipende non solo dal “cosa”, ma anche dal “come”. E un esito positivo e appagante per entrambe le parti è possibile: è questione di equilibri, di rispetto, di voglia di mettersi in gioco, di ascoltare, di esprimersi…
E’ chiaro che le aziende, se vogliono avere più occasioni di incontrare le blogger o le mamme, devono imparare a dar qualcosa in cambio. Perché nessuno, a lungo termine, fa niente per niente.
Non sempre è facile far capire questo ai manager (e anche alle mamme), ma FattoreMamma si propone proprio questo…
Ce la faremo? Non lo so. Ma almeno potremo dire di averci provato.
barbara ma che bello il tuo nuovo abatar 😀
scusa l’hot 😛
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